Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull'ingiustizia. Enrico Berlinguer

giovedì 31 maggio 2012

Un passo indietro nella civiltà dei diritti. A spese dei giovani





Il voto di oggi al Senato rappresenta un passo indietro nella civiltà dei diritti del mondo del lavoro, precarizza ulteriormente il nostro mercato del lavoro, sfregia l’articolo 18 e non risponde alle giovani generazioni imprigionate nella precarietà esistenziale. L’asprezza della crisi sociale ed economica meriterebbe risposte forti e coraggiose, sia in termini di rilancio di politiche attive per il lavoro e di difesa e valorizzazione del patrimonio industriale, sia in termini di riqualificazione e irrobustimento del Welfare. Si va invece nella direzione contraria.

Si sono illuse le giovani generazioni, in loro nome si è approvata una riforma che peggiora le condizioni dei precari, delle partite iva e dei lavoratori autonomi, lasciati senza sostegno al reddito e distruggendo il poco welfare rimasto.

Il dogmatismo ideologico dei liberisti al governo rifugge dal confronto con la realta’ e impone scelte che stanno aggravando la crisi del Paese. Al dramma della disoccupazione crescente si risponde con i licenziamenti facili. Una volta aperto quel varco nel settore privato, di conseguenza si reclama la liberta’ di licenziamento anche nel pubblico.

La questione sociale riesplode in forme di dilatazione quotidiana dell’area della poverta’, e a questo si replica implementando il prelievo diretto e indiretto dai ceti medio-bassi. Tutto nel nome della cosiddetta Europa, intendendo per Europa nulla che somigli ad un processo di legittimazione democratica, nulla che dimostri consapevolezza per i rischi di rottura della coesione sociale e per i conseguenti rischi di collasso della civilta’ europea.

Penso che siamo molto vicini al punto di fusione tra rottura sociale e crisi democratica: spero che la politica sappia intendere l’estrema drammaticita’ di questo passaggio davvero storico e soprattutto sappia offrire una risposta capace di evocare un’alternativa credibile e capace di dare speranza a un’Italia ferita e spesso persino disperata.

Nichi Vendola

martedì 29 maggio 2012

Vicini ai cittadini colpiti dal sisma




Continua a tremare la terra in Emilia Romagna. Una scossa di magnitudo 5.8 stamattina ha colpito la provincia modenese, ma tutto il Nord è stato interessato dal sisma. Ancora imprecisato il numero delle vittime che la regione rossa continua a piangere. Il paese più colpito è Cavezzo, quasi completamente distrutto, ma la situazione non migliora a Finale Emilia, Mirandola, Bologna, Ravenna e Cento. Città dove sotto le macerie si trovano ancora corpi. La redazione di Sinistra Ecologia Libertà esprime la propria vicinanza ai familiari delle vittime del terremoto e ai cittadini che stanno vivendo gravi momenti di difficoltà.

E’ necessaria una seria riflessione su quanto accade e la necessità di interventi urgenti in sostegno degli sfollati e delle aziende andate distrutte. Diventa indispensabile, dunque, l’emanazione di un Decreto da parte del Governo che ne definisca i piani di ricostruzione e faccia ripartire le imprese. Oltre alla sospensione delle imposte e dei tributi locali è importante chiedere il riconoscimento di finanziamenti a lungo termine e un fondo che permetta la ricostruzione dei beni danneggiati. Servono misure urgenti anche per le abitazioni. E’ auspicabile che sia definito un pacchetto a tasso agevolato che permetta la ricostruzione e si avvicini alle richieste di indennizzo a fondo perduto. Di estrema urgenza, come chiediamo da tempo e come prioritario del nostro programma, anche un piano di manutenzione del territorio per garantire una maggiore sicurezza e evitare disastri come quello di oggi.

L’ Italia è attraversata da lutti, disperazione, paure. Ora fare la parata militare del 2 giugno, come ribadito anche dal nostro Presidente Vendola, sarebbe assolutamente inopportuno di fronte al dramma che ha colpito il Paese in questi giorni. Ci sono ben altri modi per celebrare la Repubblica e la Costituzione.

lunedì 28 maggio 2012

Verso gli Stati generali del futuro


Pubblichiamo il documento conclusivo dell’Assemblea Nazionale di SEL tenutasi domenica 27 maggio.

Premessa

Ieri la meglio gioventù ha riempito di voglia di vivere e lottare le strade ferite di Brindisi. L’abominevole attentato terroristico alla scuola Morvillo Falcone ha ucciso Melissa Bassi e ferito e terrorizzato le sue compagne di scuola. Il dolore immenso delle vittime, dei loro amici e familiari, dell’intero paese non potrà mai essere compensato ma è stato straordinario vedere come a migliaia, spontaneamente, siano andati a presidiare in ogni città gli spazi di libertà che ogni atto di terrorismo, ogni furia distruttiva di carnefici di vittime innocenti, tenta di impedirci. Fin dalle prime ore non si è arrestata la marea di solidarietà, vicinanza umana, affetto, rabbia e orgoglio di chi ha sentito bruciare sulla propria pelle quel vile attentato.

scarica il documento


http://www.sinistraecologialiberta.it/pdf/doc_Ass_naz_27maggio.pdf

mercoledì 23 maggio 2012

Diritto di sapere


I ragazzi e le ragazze che negli ultimi 20 anni hanno visto la strage di Capaci, hanno negli occhi le immagini di una strada sventrata, le immagini di vite e di impegno per la giustizia fatte a brandelli. Quei ragazzi e quelle ragazze hanno diritto di sapere, come tutti noi, la verità di quegli anni.

Cosa è accaduto davvero nel profondo della storia del nostro Paese in quel periodo? La sottovalutazione della politica o peggio la complicità verso i fenomeni mafiosi, la mistificazione, l’omertà di settori delle Istituzioni hanno permesso nel corso degli anni, troppe volte, la penetrazione nel corpo dello Stato del cancro dell’illegalità, del malaffare, della criminalità organizzata. Gli impegni solenni spesso non mantenuti di raggiungere la verità, le menzogne di Stato, in questi 20 anni hanno segnato troppe volte la vita dei siciliani e degli italiani.

Far luce fino in fondo nella storia terribile di quel periodo è il modo migliore per ricordare in dignitosamente le vittime della mafia. Ancor più oggi non possiamo proprio abbassare la guardia: abbiamo il diritto di ribellarci ad una deriva fatta di prepotenza e di illegalità.

Dagli squarci di luce su allora dipendono ancor oggi la qualità della democrazia, quanto mai necessaria oggi in questa fase così delicata e turbolenta della nostra storia repubblicana.

martedì 22 maggio 2012

La Terza Repubblica


Probabilmente ha ragione Luca Orlando quando, da Palermo, parla dell’alba di una Terza Repubblica che rimuove e seppellisce definitivamente le macerie di questa nostra malinconica seconda repubblica. Ma la Terza Repubblica non è solo Palermo: è Genova, è Milano, è Cagliari, è Napoli. Si è palesata in tutti gli appuntamenti elettorali in cui i candidati e i progetti di governo non erano passati dal tritacarne dei partiti, non erano il frutto della melina tra segretari, non erano figli minori degli apparati.

A Milano Pisapia vince perché si rivolge ai milanesi, non solo perché raccoglie dietro di sé un rianimato centro sinistra. Vince De Magistris a Napoli perché convince i napoletani a non indossare l’abito del lutto, a scrollarsi di dosso l’idea che non vi sia altra strada tra il consociativismo mafioso proposto dalla destra e gli epigoni del bassolinismo. Vince Orlando a Palermo perché sa che dalla crisi verticale della politica, rappresentata in città dalla giunta Cammarata e in Sicilia dall’inciucio con Lombardo, si esce solo con un gesto liberatorio, netto, definitivo. Ferrandelli, che ha trent’anni in meno di Orlando, avrebbe potuto assumere su di sé questo ruolo se ne avesse avuto la convinzione interiore e la libertà necessarie: e invece ha scelto la via del più logoro doroteismo, prendendosela con Orlando invece che con Lombardo, accettando l’abbraccio mortale di quei due signori del PD, Cracolici & Lumia, che hanno ridotto il loro partito al 6 per cento pur di rosicchiare i torsoli nel piatto del governatore. Noi, noi di SEL, che di Raffaele Lombardo siamo stati e siamo i più determinati e limpidi avversari politici (e su questo non ci piove!), su Palermo abbiamo peccato di ingenuità e di lealtà (lealtà al risultato delle primarie). Ed è giusto adesso farne ammenda.

Ma la vittoria di Orlando va letta in un contesto meno localistico, più politico, va affiancata ad altre cose straordinarie che sono accadute in Italia in questi mesi. Che ci raccontano la vittoria del centrosinistra solo quando non è stato la proiezione dei tatticismi e delle prudenze degli apparati: altrimenti resta solo una formula logora, una morta gora, un residuo. Il centrosinistra vince sovvertendo i pronostici a Palermo, a Milano, a Cagliari, a Napoli e altrove perché sceglie di rivolgersi alle donne e agli uomini, non alle filiere dei dirigenti di partito. Perché parla di alternativa, non solo di discontinuità. Perché pratica una verità di parole e di proposte che non devono fare i conti con alcun emendamento di convenienza. Orlando, ieri, l’ha battezzata Terza Repubblica. Credo, ripeto, che abbia ragione. Purché non resti solo una storia palermitana.

Claudio Fava

sabato 19 maggio 2012

Appello "Non si può morire entrando a scuola"


Contro la violenza e il terrorismo gli studenti invitano a reagire con un appello alla mobilitazione sottoscritto da numerosissime realtà del sociale, dal sindacato, a Libera, passando per l’Arci. Pubblichiamo l’appello.

La violenza cieca e criminale del terrorismo ha colpito ancora. Colpisce vittime innocenti, ragazzi, studenti nella loro scuola, presidio di legalità e spazio di giustizie e libertà, luogo in cui dovrebbe nascere la speranza di un futuro migliore, e che invece oggi è stato teatro di una orribile tragedia.

Il fatto che si possa morire a scuola è per noi inconcepibile da sempre, ma il fatto che questo accada in una dinamica folle ed omicida è un dato preoccupante che non può lasciarci in silenzio. Proprio in una scuola, che ha il nome della moglie del Giudice Falcone, vittima di una violenza mafiosa, proprio in contemporanea al passaggio in città della carovana antimafia. Poco importa quale sia la pista, certo è che la violenza in questi territori, nel Sud Italia, è figlia di una cultura che deve essere distrutta e cancellata.

Indipendentemente dall’esito delle prime indagini, quello che oggi è successo è un atto gravissimo, senza precedenti. La risposta delle studentesse e degli studenti deve essere immediata, come quella di tutta la cittadinanza italiana, colpita ancora una volta al cuore, aggredendo al futuro del Paese, agli studenti. Per chi oggi è morto, per chi è ferito, senza motivo, solo perchè era uno studente con dei sogni, con delle passioni, con dei desideri, con un futuro di libertà per cui lottare.

Per chi aveva dei sogni che oggi sono stati spezzati dalla follia della cieca violenza. Perché non si può morire così, entrando a scuola. Non ci faremo terrorizzare, non possiamo darla vinta a chi vuole, attraverso la violenza e il terrorismo, mettere in scacco la democrazia nel nostro Paese e mettere a rischio la vita di innocenti.Non abbiamo paura di urlare, di opporre la conoscenza e la voglia di libertà alla vile azione violenta.

Come studenti non possiamo restare fermi. La solidarietà attiva, umana è una necessità senza la quale si rimane soli, senza la quale si perde il senso collettivo di una tragedia come questa. Chiediamo quindi di mobilitarci sin da subito, nelle piazze, davanti ai Comuni. A Brindisi saremo in piazza alle 18.00. Vi chiediamo di fare lo stesso in tutta Italia. Lo chiediamo, come studenti a tutta la cittadinanza italiana. Non restiamo fermi, bisogna reagire a questa violenza.

Contro la violenza e il terrorismo, scendiamo subito in piazza, insieme, uniti da un solo spirito e da quella voglia di libertà e democrazia che ancora una volta hanno provato a scalfire, ma che non potranno mai soffocare.

Martina Carpani, Presidente della Consulta Provinciale di Brindisi
Francesca Rossi, Studentesse di Brindisi, coordinatrice dell’UdS Brindisi
Carlo Monticelli, Coordinatore udu Lecce
Don Luigi Ciotti, Presidente Nazionale di Libera
Serena Sorrentino, Segreteria Generale Nazionale Cgil
Mariano Di Palma, Coordinatore Nazionale Unione degli Studenti
Domenico Pantaleo, Segretario Generale Flc Cgil
Federico Del Giudice, Rete della Conoscenza
Maurizio Landini, Segretario Nazionale Fiom Cgil
Paolo Beni, Presidente Nazionale Arci
Vittorio Cogliati Dezza, Presidente Nazionale Legambiente
Vanessa Palucchi, Legambiente Scuola e Formazione
Luca Spadon, Portavoce Nazionale Link – Coordinamento Universitario
Maria Pia Pizzolante, portavoce nazionale Tilt
Simone Oggionni, Portavoce Giovani Comunisti
Federico Nastasi, Portavoce della RUN
Dario Costantino, Portavoce Federazione degli studenti
Fausto Raciti, Segratario Giovani Democratici
Claudia Bastianelli, Segratario Giovani Socialisti
Marco Furfaro, resp. naz.le politiche giovanili Sinistra Ecologia Libertà
Rosario Coco, Giovani Italia dei Valori
Flavio Arzarello, Segretario Nazionle FGCI
Matteo Valerio, Errori di Stampa
Ilaria Lani, Giovani non + Disposti a tutto
Michele Orezzi, Coordinatore Unione degli Universitari.

giovedì 17 maggio 2012

E' un Paese per vecchi


Sul quotidiano “La Repubblica” di oggi è apparso un articolo che rileva come la classe dirigente italiana sia la più vecchia d’Europa. L’analisi è contenuta in un report della Coldiretti, che ha riscontrato che nel nostro Paese l’età media dei funzionari italiani è di 59 anni.
L’analisi si concentra principalmente sulle “poltrone” universitarie e su quelle politiche. Un quarto dei professori universitari ha infatti più di 60 anni, mentre sul fronte politico il “ricambio generazionale” ha portato in cabina di regia un Presidente del Consiglio sessantanovenne – comparando tali dati con i corrispettivi europei è utile osservare come in Spagna solamente l’8% del corpo docenti raggiunga i 60 anni di età, mentre nel Regno Unito David Cameron è diventato Ministro a “soli” 43 anni.

Il report di Coldiretti prosegue: i ministri più giovani del Governo Monti hanno 57 anni e nelle ultime tre legislature in Italia siano stati eletti solamente due deputati under 30. Tali dati costituiscono già di per se stessi un grosso campanello d’allarme, soprattutto se incrociati con quelli relativi all’occupazione in Italia nel primo trimestre del 2012 – l’Istat ha rilevato che il nostro Paese ha raggiunto un tasso di disoccupazione vicino alla doppia cifra (9,8%) e ancor più drammatica è il dato percentuale della disoccupazione giovanile (35,9%).

La riforma del mercato del lavoro non ha prodotto quelle risposte che la società civile si aspettava, il ddl mantiene inalterate le 46 forme contrattuali atipiche vigenti nel nostro paese e a quanto pare anche solo per prendere in considerazione il reddito minimo garantito i tempi non sono sufficientemente maturi come l’età media della nostra classe dirigente – a tal proposito: solamente l’Italia ne è sprovvista, in Europa.

Quale ipotesi si prospetta per i giovani del nostro Paese? E’ chiaro che proprio il Ministro della Coesione territoriale a rilevare che “se l’Italia non riesce a crescere, è giusto che i giovani vadano via” allora, a quel punto, le ragioni sono sufficientemente valide per ipotizzare che la Coesione territoriale risieda altrove. Diciamo all’estero.

Eppure parecchi giovani italiani vorrebbero continuare a vivere lavorando nel proprio Paese. I giovani italiani sono una risorsa, per il proprio Paese. Anche le istituzioni se ne rendono conto, un mese fa il Ministro degli Esteri Giulio Terzi di Santagata aveva ipotizzato una piattaforma virtuale per recuperare il patrimonio intellettuale perduto. Ma la sensazione è che la proposta, seppur innovativa, non vada nella direzione giusta.

Magari, ogni tanto, si potrebbe anche provare a pensare di svecchiare il patrimonio antropologico istituzionale. Magari, se davvero il problema del patrimonio intellettuale perduto è davvero caro alle istituzioni stesse, si potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di investire nell’Università e nella ricerca – che sono il fondamento primo della crescita di una nazione democratica.

Anche per questo che SEL sarà in piazza a Roma, a sostegno de “La meglio gioventù”. L’appuntamento è per il 26 maggio, unitevi a noi!

martedì 8 maggio 2012

"Non li snobbiamo. Subito un confronto"


«Il tracollo del centrodestra, il fatto che il centrosinistra non riesca ad approfittarne per decollare e l’irrilevanza del terzo polo». Questi secondo Nichi Vendola i tre dati fondamentali che escono dal voto amministrativo.

Ne metterei un quarto piuttosto rilevante, Vendola, ossia l’affermazione del Movimento 5 Stelle.

«Ovviamente sì, un’ affermazione che vedo come una spina nel fianco del centrosinistra. Perché quel Movimento riesce a catalizzare il disincanto e a organizzare un nuovo civismo. Noi non dobbiamo assolutamente snobbarli ma, al contrario, aprire un confronto serio con loro. E lo dico al netto delle polemiche che mi hanno contrapposto a Beppe Grillo».

Scusi, ma due settimane fa. in un’intervista al nostro giornale, lei definì l’antipolitica “un’onda melmosa gonfia di passioni tristi, di livore che sostituisce l’analisi, di grugniti che prendono il posto delle strategie. Una sorta di bestemmia liberatoria…”. Cambiato opinione?

«Ma no, quella per me era ed è l’antipolitica. Tutt’altra cosa è chi lavora sul  territorio come i tantissimi militanti ed elettori del Movimento 5 Stelle. Con loro dobbiamo parlare e misurarci, non certo fare a gara di insulti. Anche perché il suo consenso è direttamente proporzionale al deficit di credibilità che spesso azzoppa il centrosinistra».

Eppure sembra che il centrosinistra riesca a vincerle queste elezioni…

«Sicuramente alla fine dei conti, avremo vinto gran parte delle sfide. Tuttavia. di fronte alla sconfitta storica di Pdl e Lega, una sconfitta che potrebbe anche essere la chiusura di un ciclo, io non vedo ancora un progetto forte, un’idea compiuta di alternativa. Mi pare che siamo visti solo come una coalizione elettorale ma non politica e spesso percepiti come un sistema di potere e non come un’Alleanza per il cambiamento».

Lei pensa che questo voto rilanci la famosa foto di Vasto?

«lo non parlo di foto ma di progetti, penso che se non mettiamo in campo da subito la nostra proposta per l’Italia rischiamo di perdere il treno. Invece vedo che il Pd continua ad attardarsi dietro alla chimera del Terzo Polo che, come hanno dimostrato gli elettori, non ha corrispondenza nella società e nel voto. Direi che risulta una forza irrilevante. Gli stessi ceti medi piuttosto che inseguire gli aquiloni del moderatismo sì tuffano nel mare agitato del radicalismo populista».

Come in Grecia ma non come in Francia.

«lo vedo un sintonia tra il voto francese e quello greco. Hollande vince perché dice parole forti contro le politiche liberiste e di austerità dell’Europa. In Grecia perdono quelli che hanno sacrificato il popolo sul1′altare  del memorandum europeo, mentre vincono due partiti di sinistra che fanno un discorso europeista ma alternativo. Ovviamente anche qui esiste un’onda melmosa, stavolta composta da neonazisti».

Quindi secondo lei dalla Francia alla Grecia passando per l’Italia, il voto è contro questa Europa?

«E’ evidente che c’è un fortissimo malcontento nei confronti delle tecnocrazie europee, compresa quella che guida il governo italiano».

Prima il Pd fa cadere Monti e meglio è?

«Quando ci si spaventa di fronte agli effetti della democrazia, siano i referendum, o le elezioni anticipate, si commette un grave errore. La medicina che può curare la crisi della nostra società non é la tecnica ma la politica. La democrazia non è il problema, è la soluzione».

Ma Bersani ha detto che lui non vuole vincere sulle macerie del Paese…

«Con molto affetto gli rispondo che io spero di non perderle quelle elezioni, sulle macerie del Paese. Francamente non mi pare che il nostro governo le stia rimuovendo quelle macerie».

Intervista di Riccardo Barenghi a Nichi Vendola pubblicata oggi sul quotidiano La Stampa

lunedì 7 maggio 2012

Le urne europee bocciano l'Austerity


La notizia «politica» di oggi è che le urne europee hanno ampiamente bocciato l’Austerity. La notizia «economica» , invece, è che le oligarchie finanziarie dei mercati non hanno riposto fiducia alcuna nei risultati elettorali di ieri. Non andrebbe mai dimenticato che ogni elezione palesa le volontà democratiche di un popolo, tuttavia gli speculatori della finanza si ostinano a non tenere conto delle «urgenze sociali» dei propri cittadini.

I cittadini francesi hanno scelto quale loro presidente il socialista François Hollande – che in campagna elettorale ha proposto una riforma fiscale progressiva e, soprattutto, la revisione del patto di stabilità a livello europeo. In Grecia, invece, la situazione è più complessa. La Nea Dimokratia e il Pasok in linea teorica potrebbero dar vita ad nuova, fragile coalizione di responsabilità ma il principale risultato elettorale è un altro: entrambi hanno registrato un enorme calo di consensi, le urne hanno premiato gli schieramenti della sinistra radicale – oltre agli estremisti di destra di Alba Dorata.

Le due competizioni elettorali presentano un vistoso dato comune: l’Austerity non piace. Non piace ai cittadini francesi, non piace ai cittadini greci e del resto lo si sapeva già: lo hanno ripetutamente manifestato nel corso di questi ultimi anni e finalmente hanno avuto l’occasione per poterlo palesare in seduta elettorale.

Se l’elettorato greco ha colto un’importante, ennesima occasione per gridare all’Unione Europea il proprio malcontento per una politica di rigore drammatica e depressiva, quello francese ha candidamente illustrato alla sovrana Merkel il proprio scetticismo per una strategia di contenimento che oltre ad essere recessiva si è rivelata profondamente improduttiva.

Le elezioni greche, purtroppo, a poco servono per tirare fuori dall’impasse la politica e l’economia della società ellenica. Le elezioni francesi, al contrario, contengono un messaggio chiaro ed importante per l’Unione Europea e il suo sovrano: rivedere il Fiscal Compact per non deprimere la crescita.

Ad ogni modo, ci sono ragioni sufficientemente valide per sperare che qualcosa a livello comunitario possa cambiare. Noi lo crediamo: c’è un’Europa Migliore.

sabato 5 maggio 2012

Grillo e la politica degli insulti


“Fava di ‘sta cippa, non ci rompere i coglioni e vai a lavorare se lo trovi” (Marco). “Fava, prima della tua dipartita fallo qualche callo nelle mani… lavora!!!” (anonimo). “Un altro fottuto fallito apre la bocca e gli dà fiato. Caro Fava, la fava ficcatela al culo e premi forte!” (Marco Donati). “Questi sinistretti cominciano a vacillare col cervello” (Giancarlo Sartoretto, detto Giankazzo da Velletri). “Addio burocrate dal lauto compenso, finirai a lavorare come tutti gli altri tuoi compari di tavolata” (Beppe). “Claudio Fava, tipico professionista dell’antimafia” (Gianni Frascogna). “Il signor Fava Claudio, uno che ha costruito la sua carriera politica in nome del padre morto ammazzato da quella Mafia di cui lui si riempie la bocca ma a cui ha sempre fatto soltanto il solletico!” (Marco Salemi). “Claudio Fava e chi cazzo è Claudio Fava ma vaffanculo Claudio Fava torna nella tua tana verme!” (Fede M.). “Povero Fava hai che capirlo poverino dalla morte del padre è rimasto traumatizzato e sicuramente il cervellino non si è sviluppato ed è rimasto un poco celebroleso” (anonimo). “Figlio di cotanto padre, qualcosa ha modificato il DNA, l’assidua frequentazione del pd, le poltrone, i soldi o semplicemente la madre è 
certa, il padre chi può dirlo” (Riccardo Garofoli). “Da uno che si chiama fava cosa si poteva aspettare se non un’uscita a cazzo?” (Luca M). “Sei più ributtante di chi ti comanda” (anonimo). “Vai, nuova sinistra che già puzza di morto” (Piero F.). “Ecco uno dei peggiori.
Ed essendo uno dei peggiori non poteva che essere lui a toccare il fondo: mafioso!” (Paolo Cicerone). “La democrazia della mì fava” (Manuela Bellandi). “Caro Claudio, sei davvero una fava” (Tiziano Cecconi).

C’è qualcosa di irrimediabilmente fascista nei post che accompagnano le sortite di Beppe Grillo sul suo blog.  Non è l’insulto, non è lo sberleffo ma l’assenza d’ogni parvenza di ragionamento, di pensiero critico, di dubbio. C’è il Messia, e poi c’è un imbecille che ha criticato il verbo del Messia: basta questo a scatenare la caccia all’uomo.

La storia è nota. Dice Grillo, comiziando a Palermo, che le tasse, la politica, lo Stato sono peggio della mafia. Almeno Cosa Nostra si limita a estorcere alle proprie vittime solo il 10 per cento sotto forma di onesta cagnotta. La mafia non le strangola mica le persone. Come invece fa lo Stato.

Parole in libertà. Chi vi scrive ha mandato a dire a Grillo che in quella sua involontaria apologia mafiosa non c’era nulla di originale. Lo spiegava Vito Ciancimino dai banchi di Palazzo delle Aquile, lo dicevano i mafiosi e gli amici dei mafiosi: la colpa è dello Stato, non di Cosa Nostra. Lo predicò a lungo perfino la chiesa siciliana: ne ammazza di più l’aborto che la mafia. Solo un problema di numeri, insomma: da una parte un moderato pizzo del dieci per cento, dall’altra il conto degli ammazzati non poi così drammatico. Basta imparare a conviverci…

Ciò che disorienta non è tanto il merito grossolano dei ragionamenti quanto il metodo con cui vengono offerti. Con limpida parodia berlusconiana Grillo parla solo per decreto, non si confronta con chi la pensa diversamente, non accetta interlocuzioni. S’affaccia da una finestra e le manda a dire. Se critichi e fai parte della sua compagnia, ti cancella con un click del mouse; altrimenti si limita ad aprire la caccia all’untore sul suo blog. E se s’accorge d’averla fatta fuori dal vaso, come è accaduto a Palermo, ti manda a dire che la stampa di regime ha travisato il significato delle sue parole, non ha compreso il contesto, non ha ben riportato le virgole. Gli stessi argomenti che per quindici anni ci ha ammannito Berlusconi.

Non mi stupisco. Perché il punto oggi non è essere di destra, di sinistra, di sopra o di sotto, per la politica tonda o quadrata, per il sistema dei partiti o per quello dei califfati, per il popolo o per la corona: il problema è che se ti senti Unto dall’Alto, l’unica cosa che ti preme è trovare una piazza colma, una finestra alla quale affacciarti e un editto da proclamare. E quando non c’è la piazza, te la procura il mio amico Michele Santoro: uno spottone in tivù su Beppe Grillo, un collegamento in diretta senza contraddittorio, un bel monologo di dieci minuti, mica Grillo è un politico come gli altri, mica il suo partito è come gli altri, mica ha bisogno di discutere con gli altri…

Qualcuno crede che sia questa la nuova politica. Io, che forse di politica me ne intendo poco, ho smesso di credere nei messia quando andavo al catechismo. E non mi diverto a cantarmela e a suonarmela da solo. Se Grillo vuole, possiamo discutere di questo e d’altro pubblicamente, dove vuole, quando vuole. Ma ho il sospetto che non vorrà. Tanto, come ci manda a dire Mario De Gasperi da Roma alle 8.46 del primo maggio: “Lo stato è molto peggio della mafia, lo stato è criminale, lo stato è la vera mafia, viva Beppe Grillo”.

Claudio Fava