Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull'ingiustizia. Enrico Berlinguer

giovedì 21 giugno 2012

La tecnocrazia ha fallito. Come la destra


Tutti tirano un sospiro di sollievo per il voto greco. I titoli dei giornali del giorno dopo, con la eccezione lodevole dell’Unità, non hanno dubbi: ha vinto l’euro, ha vinto l’Europa. In realtà ha vinto semplicemente Nuova Democrazia, la forza conservatrice che ha la responsabilità di aver portato al disastro economico il paese. La vittima predestinata è stato lo storico partito di sinistra del Pasok che paga la resa incondizionata ad un memorandum europeo di lacrime e sangue che finirà per stremare il popolo ellenico già provato da politiche socialmente intollerabili. Trionfa Syriza, una sinistra nuova additata come forza antieuropea e fautrice del ritorno alla dracma. Nulla di più falso, ma di questi tempi porre condizioni, ricontrattare gli impegni ed avere un’altra idea dell’Europa è impresa ardua. Una sorta di nuovo pensiero unico impastato d’intolleranza autoritaria e liberismo condito da politiche restrittive e antisociali non ammette deroghe. Costruisce sistematicamente, con la paura, il nemico che è l’altro da sé: il pensiero differente. Da questo punto di vista il voto di Syriza è straordinario e costituisce una risorsa democratica per l’intero continente.

Volano le borse per qualche ora. Poi i mercati tornano, come avvoltoi, a minacciare i paesi in difficoltà. La giostra continua. E’ contento Monti che apprezza le larghe (?) intese greche e annuncia di voler portare come trofeo al decisivo consiglio europeo del 28 giugno la nuova legge sul mercato del lavoro. Quella legge che doveva risolvere il problema dello sviluppo e aggredire la precarietà giovanile e che ha finito per sfregiare i diritti dei lavoratori a cominciare dall’articolo 18 e lasciare inalterate le multiformi tipologie contrattuali atipiche e precarizzanti delle vecchie norme.

Il vero “contagio” è quello di una diffusione del pensiero mediocre ed intollerante anche in Italia. Fassina riflette sul possibile voto in autunno? “Deve uscire dalla segreteria del Pd” intima in forme illiberali un autorevole testimone del pensiero liberale come Scalfari. “Bersani deve zittirlo” ammonisce un editoriale del Corriere della Sera. Ed anche nel Pd si levano voci e pulsioni minacciose. Un chiassoso e fastidioso chiacchiericcio di palazzo prende il sopravvento sul silenzio di fondo delle strategie da mettere rapidamente in campo per salvare l’Italia e l’Europa in declino.

Eppure il quadro sociale, economico e culturale è così compromesso da imporre una presa d’atto della realtà e una mobilitazione democratica per una strategia alternativa. E’ in difficoltà il blocco sociale di riferimento naturale della sinistra nel mentre, in parlamento e nel paese, si va dissolvendo la soggettività politica delle destre e con essa, però, anche la corresponsabilità nell’azione di governo con una delegittimazione convulsa e confusa della politica che rischia di trascinare con sé anche le forze che sono vocate a costruire un’alternativa. Le ricette rigoriste del governo non hanno mutato il corso del debito pubblico che anzi raggiunge il suo record storico e contemporaneamente assistiamo ad un impoverimento drammatico della società italiana: disoccupazione a due cifre, giovani e donne senza prospettive e fortemente penalizzati, salari tra i più bassi d’Europa.

Pesano sicuramente gli anni del “tremontismo” e dello scellerato governo Berlusconi. Ma è credibile chiedere in Europa una politica di espansione qualitativa se in Italia si fa l’esatto contrario? L’Europa ha un bisogno urgente di scelte politiche unitarie, istituzionali ed economiche. Se si europeizzasse il debito la Grecia non sarebbe un problema con il suo 2% dell’intera economia del continente ed il suo popolo non sarebbe costretto alla fame e alla miseria. Se la Bce potesse avere un ruolo di scudo contro le speculazioni finanziarie il rischio di crisi e di contagio sarebbero irrisori. Se l’Europa investisse risorse adeguate per alimentare una qualità nuova dello sviluppo al posto delle politiche di austerità che l’hanno caratterizzata in questi anni riscoprirebbe una sua nuova identità sociale. Se il vecchio continente fosse stato meno sordo e strumentale rispetto alla straordinaria stagione di partecipazione democratica dei popoli che si affacciano sull’altra sponda del Mediterraneo ora avvertirebbe meno il declino culturale e democratico e non avremmo assistito al ritorno dei fondamentalismi e dei trasformismi in quelle realtà.

Tutti questi urgenti “se” hanno una densa valenza politica e devono essere legittimati dal consenso popolare. Con le destre in Europa hanno fallito anche le tecnocrazie e le loro ricette liberiste. Per questo l’Italia non può più giocare un ruolo di equilibrismo tra la Francia e la Germania dopo aver accettato il fiscal compact ed aver introdotto in costituzione il pareggio di bilancio. Deve tornare in campo quella politica in grado di imporre nuove regole ai mercati e di mettere le briglie alla speculazione. Se la politica non condiziona l’economia, la finanza, i mercati e, quindi, i destini individuali e collettivi, a cosa serve?

E’ da questa ininfluenza che si alimenta un rancore sordo che ieri era anche indignazione contro diseguaglianze e privilegi ed oggi rischia di essere, per dirla con Bodei, solo depressione con una portato di rabbie impotenti in preda a populismi di ogni genere. La Repubblica ha organizzato in questi giorni una kermesse di grande prestigio a Bologna con un parterre d’intellettualità e competenze di rilievo. Ma al centro di questa iniziativa svetta la sola presenza di Monti. Vuole essere ancora un investimento per il futuro? Se così fosse il centro sinistra si polverizzerebbe e dubito che rimarrebbe integro il partito più grande della coalizione. Se si contrappone ancora alla sfiducia dilagante, alla rassegnazione ed al rancore la “Tecnica” temo che spianeremo la strada a reazioni populistiche e a rischi autoritari.

La salvezza dell’Europa è la costruzione dell’alternativa e questa ci parla della rinascita della sinistra. Una sinistra in grado di redistribuire la ricchezza e in grado di avanzare una nuova proposta sulla produzione del valore. Non la crescita indistinta ma l’investimento in un nuovo paradigma in cui la valorizzazione del lavoro e dell’ambiente diventino il perno di una rinnovata cultura politica. Ci sono antiche categorie della politica che non reggono più.

Chi sono oggi “i moderati”? E perché vengono invocati in relazione a forze politiche centriste? Un tempo i ceti moderati erano in stretta relazione politica con le classi medie. Ma il violento impoverimento di queste ultime ha fatto si che la percezione della crisi è stata persino più drammatica delle classi storicamente meno abbienti e i loro orientamenti culturali e politici non mi paiono propriamente moderati. Le forze centriste sono erose dall’asprezza dei conflitti sociali.

Capisco che qualcuno del Pd tifasse per Bayrou, ma il suo ridimensionamento in Francia è stato netto al pari della scarsa decisività del terzo polo in Italia. Questa è la realtà. Sarebbe bene confrontarsi con essa per quel che è e non per quel che si vorrebbe. Bisogna fare in fretta. La finestra di Hollande potrebbe chiudersi se non venisse supportata da altre realtà statuali. Per queste ragioni la proposta di Bersani di primarie aperte smuove le acque colpevolmente stagnanti di questi ultimi mesi. Ma il confronto di merito per rinnovare il centro sinistra e costruire il programma alternativo deve essere appannaggio non solo di forze politiche, ma di associazioni, movimenti, forze sociali. Si è messo da parte incredibilmente la straordinaria risorsa dei referendum dei beni pubblici, sul nucleare, sulla giustizia e quel moto di partecipazione delle precedenti amministrative. E’ in quel sommovimento democratico che vanno ricercate le radici e la stessa natura del programma del nuovo centro sinistra. I tempi si sono fatti troppo stretti. Tecnica e Antipolitica si stanno alimentando esponenzialmente. E il vuoto, a destra, temo non resterà tale per molto tempo.

Franco Giordano

Nessun commento:

Posta un commento