Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull'ingiustizia. Enrico Berlinguer

lunedì 23 aprile 2012

Vive la gauche!


La prima impressione che viene guardando i risultati del primo turno delle elezioni presidenziali in Francia è che tanta gente è andata a votare. La temuta astensione di massa non si è manifestata e, probabilmente, i dati che la prevedevano incorporavano una quota di indecisi che alla fine hanno deciso di mobilitarsi. Penso che il motivo prevalente, in tempi di crescente antipolitica, sia dovuto alla nettezza e articolazione delle proposte politiche in campo. La prima considerazione, quindi, riguarda la necessità di tener viva la competizione democratica consentendo l’effettivo esercizio della scelta elettorale tra opzioni ben distinte, a differenza di tentazioni neoautoritarie basate sulla convergenza forzosa, magari in grandi coalizioni, che sequestrano la possibilità effettiva di scegliersi il proprio programma politico.

La seconda osservazione è certamente relativa al crollo di Sarkozy. Due milioni di voti persi rispetto al voto di cinque anni fa rappresentano una bocciatura senza appello. Più che l’aritmetica che somma i voti delle destre è questo il dato che, probabilmente, segnerà anche il secondo turno. I francesi hanno bocciato il mix sarkozista di nuova destra populista in patria e rigorista, persino in asse con la Germania di Angela Merkel, in Europa. Il presidente neogollista ha squassato la politica francese, oscillando tra posizioni estremiste di destra contro rom, migranti e “racaille” delle banlieu e occhieggiamenti alle elites economiche e culturali. Dopo cinque anni il giovane e “nuovo” Sarkò appare logoro e incerto: dalle amicizie pericolose di Ben Alì alla guerra brutale in Libia, dal profilo “americano” dell’era pre Obama al vanto di aver salvato la Francia dalla crisi (ma in realtà il paese non ne è stato ancora investito con la forza dei vicini mediterranei). Anche la gestione molto decisa ed efficace della tragedia di Tolosa è apparsa fuori tempo massimo per restituire l’allure da uomo deciso oramai perduta.

Il risultato di Hollande è ottimo. Passare il primo giro in testa vuol dire fare la corsa e, vista la crescente sfiducia nel presidente uscente, è sempre più probabile che, come indicano tutti i sondaggi, la Francia rielegga un socialista all’Eliseo, il secondo Francois. Hollande ha avuto il merito di resistere alla lunghissima campagna cominciata con le primarie. Ha attraversato indenne il caso Strauss Kahn, le tensioni interne al Ps, la lunghezza stessa della campagna che lo stava logorando, evidenziandone i limiti di leadership carismatica, mentre stava sorgendo l’astro di Melenchon. Il suo merito, quindi è stato quello di costruire un programma credibile e di sinistra, dalla politica fiscale alla revisione del Fiscal compact passando per le proposte di assunzioni nel campo della scuola, facendo la campagna sui contenuti piuttosto che sull’apparire “personaggio”: il contrario di ciò che fece Segolene cinque anni fa. Ciò che a Hollande è stato rimproverato, la sua eccessiva seriosità, si è rivelata una “forza tranquilla” che mi auguro sbarchi nel più alto scranno della Republique.

Eppure, il secondo turno dipenderà dagli elettori che hanno fatto altre scelte, visto che in Francia il sistema a doppio turno è stato pienamente introiettato e non mette in crisi il principio bipolare. In questo campo fa impressione l’affermazione di madame Le Pen, che raggiunge quasi il 20%. è il più alto risultato di sempre per il Fronte Nazionale, più alto di quello raggiunto dal vecchio Le Pen nel 2002 che lo portò fino al ballottaggio con Chirac. È un dato davvero straordinario, inquietante e sorprendente. Di fatto Marine Le Pen è oramai candidata alla leadership della destra francese nel suo complesso. L’ho ascoltata e letta molte volte: è brillante, moderna, senza cedimenti da parvenù, senza la patina del suo coriaceo e terrificante padre, netta nelle prese di posizione. È la destra che fa più paura, poiché può diventare, magari tra cinque anni, persino presidente della civilissima Francia. Marine Le Pen ha fatto il pieno dei voti persi da Sarkozy e altri ne ha presi da possibili astensionisti. La sua durezza nazionalista e xenofoba è stata porta con uno stile asciutto e credibile e, probabilmente, molti elettori della destra avrebbero voluto proprio lei al ballottaggio contro Hollande. È improbabile che a questo punto, oscenda sul terreno della contrattazione politica, magari per qualche seggio in parlamento in condominio con l’Ump. È più facile che scelga di non dare indicazioni esplicite, mettendosi alla finestra e iniziando a lavorare per la grande scalata di domani. La nuova destra è uno spettro che s’aggira per l’Europa e Le Pen ne è la punta di lancia.

Buona è certamente l’affermazione di Melenchon. Il suo iniziale 5% nei sondaggi si è più che raddoppiato, anche se non ha mantenuto le promesse dei sondaggi più favorevoli (che sono arrivati fino al 14/15%) e soprattutto delle piazze che si sono riempite in una campagna realmente trionfale. Melenchon aveva puntato a contendere al Fn il voto dei ceti ultrapopolari più colpiti dalla crisi e dalle paure della crisi. Questa sfida l’ha persa, ma è stato comunque fondamentale averla ingaggiata, soprattutto in prospettiva. È invece riuscito nel colpo del voto utile. Sì, priprio il candidato che più di ogni altro ha denunciato il ricorso al voto utile da parte di Hollande (che in definitiva non c’è stato) è riuscito ad attrarre i voti delle forze di estrema sinistra (che hanno sempre raggiunto complessivamente risultati a due cifre), risultando l’interprete più credibile del peso politico gauchista. Melenchon è riuscito quindi a convincere una parte significativa dell’elettorato a “spostare a sinistra” l’asse della prossima presidenza ed infatti ha subito fatto un appello al voto “contro” Sarkozy, certo non potendo più aspirare a ruoli di primissimo piano (si è parlato persino della presidenza del consiglio ad un certo punto) ma di certo ad un ottimo accordo per le prossime legislative. Sul fronte Hollande si è subito collocata Eva Jolie, la verde che non è mai decollata e che è riuscita a strappare poco più del 2%, ma soprattutto che non ha mai imposto nessun tema ambientalista durante la campagna.

Infine, ciò che resta del centrismo si è riconosciuto in Bayrou. Il candidato centrista non ha nessun potere di influenza sul suo elettorato e quindi, secondo stime e osservatori, gli elettori centristi voteranno in maggioranza per Hollande o si asterranno.

Certo è che i centristi di casa nostra non potranno neppure far finta di enfatizzare un dato che, pur raggiungendo un onesto 9%, risulta politicamente del tutto irrilevante, al massimo mantenendo un interesse di tipo elettorale.

Per il secondo turno la partita sarà comunque aperta. La Francia si è scoperta mai così di destra (ma solo se si sommano i dati di Sarkozy e di Le Pen) eppure pronta ad eleggere un socialista. Del resto anche nel 2002, all’epoca dello sconcertante ballottaggio Chirac Le Pen, il voto della sinistra era maggioritario ma troppo diviso e quindi Chirac raccolse un plebiscito di voti di sinistra e “repubblicani”. Anche oggi vincerà chi saprà unire più anime, più che differenti partiti. La sensazione forte è che Sarkozy abbia troppo diviso per riunificare un fronte in due settimane e che, invece, Hollande abbia abilmente tessuto una trama che lo ha reso il naturale rappresentante della sinistra francese, ma non solo. Noi abbiamo tifato per Hollande al primo turno e, a maggior ragione, lo faremo al secondo. Confidiamo in una vittoria che apra la strada alla sinistra in Francia, alla rottura del patto delle destre egemoni in Europa (sia sul versante della Merkel che su quello della delirante lettera dei 12 sulla crescita voluta da Monti e Cameron) e speriamo anche ad un sussulto di ragionevolezza per la politica italiana. Se puoi scegliere puoi sperare di cambiare e non è detto che il cambiamento non sia un progresso. Se non si può scegliere, ingabbiati dai Monti e dalle ABC, non puoi sperare di cambiare ma solo di “scassare”.


Gennaro Migliore

Nessun commento:

Posta un commento