Valuteremo nelle prossime ore con maggior dettaglio il testo della riforma Fornero-Monti. In ogni caso vi è nei fatti un problema di metodo gigantesco, la riforma Fornero nasce e si sviluppa nei sottoscala della politica, in accordicchi tra i partiti che sostengono in Parlamento il governo Monti, fuori da un confronto reale con il Paese e le forze sindacali. Il sindacalismo italiano potrebbe uscire indebolito ed umiliato da questa riforma.
Inoltre si mette la parola fine sulla straordinaria vicenda del diritto del lavoro italiano come diritto asimmetrico, capace cioè di riconoscere e tutelare il soggetto più debole – cioè il lavoratore – nel rapporto con l’impresa.
La cura, per quello che Monti e Fornero chiamano il ” dualismo perverso”, del mercato del lavoro, ovvero la difformità di tutele fra lavoratori stabili e lavoratori precari, è infatti risolta tout court con un livellamento al ribasso, scegliendo non di ampliare le garanzie ma di ridurle a chi le aveva conquistate.
In particolare riteniamo sbagliata la riforma per le modalità con cui affronta alcuni snodi fondamentali:
- l’articolo 18 per come lo abbiamo conosciuto non esisterà più, il reintegro è reso quasi impossibile e lo spazio d’intervento del giudice relativamente alla insussistenza non è ben definito. La questione è clamorosamente confermata dallo stesso Monti, che si è affrettato a tranquillizzare le aziende specificando che “il reintegro è riferito a fattispecie estreme ed improbabili”. Su questo punto si allude anche ad un cambio sostanziale di pelle e ruolo del sindacato, protagonista della conciliazione e anche della presa in carico per la ricollocazione del dipendente (insieme alle agenzie di somministrazione).
- L’apprendistato dovrebbe diventare il contratto prevalente per l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Intanto la riforma mette le mani avanti: per i prossimi tre anni su dieci apprendisti l’azienda avrà l’obbligo di assumerne tre. Inoltre in barba alla centralità del contratto a tempo indeterminato ogni tre assunti due potranno essere in apprendistato (oggi il rapporto è uno a uno). In ogni caso l’apprendistato di cui stiamo parlando è quello di Sacconi, normato dal testo unico decreto legislativo 187 del 2011 che prevede tra le altre cose una sostanziale riduzione della parte formativa e addirittura l’autocertificazione delle imprese circa la formazione erogata all’apprendista.
- I contratti a termine non dovranno essere più giustificati con il c.d. “causatone”.
- Persino la norma sulle partita iva rischia di essere un vero pasticcio perché uccide la natura del lavoro indipendente nel ricondurlo alla forma contrattuale dei co.co.pro. Inoltre risulta difficile per un professionista decidere ex ante se un contratto rischia di divenire il 75% delle sue entrate e assumere il profilo della monocommittenza.
- Non viene abolita nessuna delle quarantasei forme contrattuali, nemmeno le più precarie, tra cui il contratto d’inserimento, il lavoro intermittente, la collaborazione a progetto.
- Anzi viene reintrodotta, assente nella precedente bozza, la forma odiosa dell’associazione in partecipazione.
- Nulla per combattere il precariato.
- Nulla sul reddito minimo.
- Nulla sulle politiche per lo sviluppo della nostra economia.
- Sugli ammortizzatori la situazione è drammatica: si passa da un sistema che garantiva, con le diverse forme, uno scivolo che poteva arrivare fino a quattro-cinque anni e il mantenimento del rapporto con l’impresa, ad un sistema che sgancerà immediatamente l’azienda dai lavoratori, lasciandoli totalmente soli con un sostegno economico di pochi mesi a separarli dal dramma della crisi economica e della disoccupazione.
Le cose vanno chiamate con il loro nome, siamo di fronte ad una riforma contro il lavoro. Il governo Monti sotto la spinta di una ideologia feroce, quella del conservatorismo globale, toglie valore al lavoro e lo subordina alle dinamiche macro economiche. Lo Stato nazionale piegato dalla crisi finanziaria scarica le sue difficoltà sul lavoro, le famiglie, le piccole imprese. La riforma Monti Fornero trasforma il diritto al reintegro da regola ad eccezione, monetizza il rapporto di lavoro svalorizzandolo e abbandona le persone che perdono il posto di lavoro al loro destino individuale. Così si abbatte il welfare, o quello che ne rimaneva, e il sistema di protezione sociale costruito nell’Europa del secondo novecento.
Siamo convinti che la mobilitazione sociale e sindacale, il conflitto e la discussione parlamentare possono ancora evitare questa tragedia.
L’alternativa, anche di governo, si costruisce a partire dalle tutele del lavoro, soprattutto in una fase recessiva come quella in corso, da risposte concrete per i precari, da un welfare inclusivo che non lasci nessuno da solo di fronte alla crisi e che si faccia carico delle difficoltà di futuro per i più giovani e per le donne. Questa riforma non porterà neanche un posto di lavoro in più e consegnerà centinaia di migliaia di persone ad un impoverimento progressivo senza prospettive e certezze.
Sinistra Ecologia Libertà ha scelto da tempo da che parte stare, verificheremo nei prossimi giorni cosa farà il resto del centrosinistra.
Massimiliano Smeriglio
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