Il fatto che Cgil, Cisl e Uil abbiano deciso di manifestare il 13 aprile insieme, per la prima volta dopo tre anni, è importante e anche rassicurante. E’ segno che qualcuno, in questo Paese, ancora mantiene quel senso di responsabilità che il governo Monti ignora.
I sindacati, stavolta, non difendono un pur legittimo interesse specifico: fanno quel che, in nome dell’interesse generale, dovrebbe fare un qualsiasi governo che si rispetti, di sinistra, centro o destra. Mettono all’ordine del giorno la tragedia sociale che si sta profilando, che ha già iniziato a compiersi e che il governo, dopo averla provocata, non muove un dito per evitare.
Guardiamo ai fatti: solo nell’ultimo mese in Puglia cinque persone si sono suicidate per aver perso il lavoro. Altre due ci hanno provato, fortunatamente senza riuscirci. I lavoratori dell’Alcoa, dopo la manifestazione di Roma, hanno ottenuto il ritiro dei licenziamenti, ma non si illudono di aver chiuso la partita. Saranno in cassa integrazione straordinaria, salvo novità, dal primo novembre. Si aggiungeranno così all’esercito di cassintegrati che, solo tra gennaio e febbraio di quest’anno è aumentato di oltre il 49% e poi all’esercito di disoccupati che già si aggira intorno al 10% della popolazione attiva.
Guardiamo alle prospettive: 350mila lavoratori “esodati” ultracinquantenni si trovano in questo preciso momento in condizione di non sapere come mantenere se stessi e le proprie famiglie, non per alcuni giorni ma per alcuni anni. Messi fuori dal processo produttivo avrebbero dovuto arrivare alla pensione, sia pur in grandi difficoltà, con la copertura degli ammortizzatori sociali previsti. La riforma delle pensioni che il governo ha scritto preoccupandosi molto delle cifre e niente della vita delle persone li condanna invece alla miseria.
Sull’orlo di un simile precipizio il governo, invece di varare misure tali da offrire una fune a chi rischia di annegare e da rilanciare l’economia creando occupazione, ha preparato una riforma del mercato del lavoro che allargherà e ulteriormente aggraverà il disastro Per gli ultracinquantenni licenziati la sostituzione dei precedenti ammortizzatori con l’Aspi significherà passare da una copertura di quattro anni a una di soli 18 mesi. Inoltre, se passerà la modifica dell’art. 18, si può star certi che a essere cacciati dal lavoro per motivi falsamente economici e mai più reintegrati saranno soprattutto i lavoratori più anziani. Così i 350mila esodati di oggi si moltiplicheranno.
Dall’Oriente Mario Monti racconta e forse si racconta anche di avere il consenso della maggioranza degli italiani. Di certo non godono più di consenso le sue riforme. Per mesi una stampa compiacente, complice e corriva ha dipinto l’opposizione a queste riforme come faccenda della sola Cgil se non della sola Fiom, opera di una minoranza legata al passato, incapace di comprendere le magnifiche e progressive sorti del neoliberismo imposto dall’Europa. Le quattro ore di sciopero generale indette dalla Uilm, la manifestazione unitaria del 13 aprile, il rifiuto tutt’altro che isolato e minoritario della libertà di licenziamento raccontano un’altra storia, rivelano un’altra realtà. Per fortuna. Noi siamo con loro. Ci saremo il 13 aprile. Ci saremo sempre.
Nessun commento:
Posta un commento