Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull'ingiustizia. Enrico Berlinguer

giovedì 29 marzo 2012

Saremo in piazza. Con i sindacati e con il Paese

Il fatto che Cgil, Cisl e Uil abbiano deciso di manifestare il 13 aprile insieme, per la prima volta dopo tre anni, è importante e anche rassicurante. E’ segno che qualcuno, in questo Paese, ancora mantiene quel senso di responsabilità che il governo Monti ignora.

I sindacati, stavolta, non difendono un pur legittimo interesse specifico: fanno quel che, in nome dell’interesse generale, dovrebbe fare un qualsiasi governo che si rispetti, di sinistra, centro o destra. Mettono all’ordine del giorno la tragedia sociale che si sta profilando, che ha già iniziato a compiersi e che il governo, dopo averla provocata, non muove un dito per evitare.

Guardiamo ai fatti: solo nell’ultimo mese in Puglia cinque persone si sono suicidate per aver perso il lavoro. Altre due ci hanno provato, fortunatamente senza riuscirci. I lavoratori dell’Alcoa, dopo la manifestazione di Roma, hanno ottenuto il ritiro dei licenziamenti, ma non si illudono di aver chiuso la partita. Saranno in cassa integrazione straordinaria, salvo novità, dal primo novembre. Si aggiungeranno così all’esercito di cassintegrati che, solo tra gennaio e febbraio di quest’anno è aumentato di oltre il 49% e poi all’esercito di disoccupati che già si aggira intorno al 10% della popolazione attiva.

Guardiamo alle prospettive: 350mila lavoratori “esodati” ultracinquantenni si trovano in questo preciso momento in condizione di non sapere come mantenere se stessi e le proprie famiglie, non per alcuni giorni ma per alcuni anni. Messi fuori dal processo produttivo avrebbero dovuto arrivare alla pensione, sia pur in grandi difficoltà, con la copertura degli ammortizzatori sociali previsti. La riforma delle pensioni che il governo ha scritto preoccupandosi molto delle cifre e niente della vita delle persone li condanna invece alla miseria.

Sull’orlo di un simile precipizio il governo, invece di varare misure tali da offrire una fune a chi rischia di annegare e da rilanciare l’economia creando occupazione, ha preparato una riforma del mercato del lavoro che allargherà e ulteriormente aggraverà il disastro Per gli ultracinquantenni licenziati la sostituzione dei precedenti ammortizzatori con l’Aspi significherà passare da una copertura di quattro anni a una di soli 18 mesi. Inoltre, se passerà la modifica dell’art. 18, si può star certi che a essere cacciati dal lavoro per motivi falsamente economici e mai più reintegrati saranno soprattutto i lavoratori più anziani. Così i 350mila esodati di oggi si moltiplicheranno.

Dall’Oriente Mario Monti racconta e forse si racconta anche di avere il consenso della maggioranza degli italiani. Di certo non godono più di consenso le sue riforme. Per mesi una stampa compiacente, complice e corriva ha dipinto l’opposizione a queste riforme come faccenda della sola Cgil se non della sola Fiom, opera di una minoranza legata al passato, incapace di comprendere le magnifiche e progressive sorti del neoliberismo imposto dall’Europa. Le quattro ore di sciopero generale indette dalla Uilm, la manifestazione unitaria del 13 aprile, il rifiuto tutt’altro che isolato e minoritario della libertà di licenziamento raccontano un’altra storia, rivelano un’altra realtà. Per fortuna. Noi siamo con loro. Ci saremo il 13 aprile. Ci saremo sempre.

martedì 27 marzo 2012

Una controriforma che non parla ai giovani e che uccide l’art18












Vendola: la ricetta dell’esecutivo fa male all’economia e il welfare non è affatto una palla al piede.

“Ma di quale riforma del lavoro stiamo parlando? La mia impressione è che la ricetta di questo governo faccia addirittura male all’economia”. Giornate intense per Nichi Vendola, presidente della Puglia e leader di Sel, ieri a Verona alla Fiera Vinitaly, dove ha accompagnato i produttori pugliesi, e domani a Casal di Principe per discutere di legalità e lavoro. La soddisfazione per il risultato raggiunto dalla sua regione – “è la prima in quanto a esportazioni” – non cancella l’amarezza per quanto sta accadendo a Roma.

Una bocciatura senza appello, la sua, quando anche la CGIL salva parte del progetto del governo.

“Vedo una continuità persino impressionante tra lo stile di Sacconi e di Fornero. Come si possono presentare in chiave propagandistica, come misure dolorose ma necessarie per spianare la strada alla ripresa economica, provvedimenti che non rispondono neanche lontanamente ai problemi principali che affliggono il mercato del lavoro? Che riforma è questa costruzione che lascia intatta la giungla dei contratti atipici, che rinvia a chissà quando l’introduzione del reddito minimo, che non estende gli ammortizzatori sociali in una fase drammatica di recessione?”

Allora il PD sbaglia tutto. Si è compatto sulla relazione di Bersani, favorevole alla riforma del lavoro e anche dell’articolo 18, seppur non nella direzione delineata dal governo.

“Un tempo, quando si parlava di riforma, si intendeva un miglioramento delle condizioni di vita, si alludeva a un aumento dei diritti. Ora, invece, si parla di riforma ogni volta che i diritti vengono tagliati. Per me, invece, questa è una controriforma. La ricetta del governo viene contestata da molti Premi Nobel, sarcastici nei confronti del club dell’austerità, nel quale Mario Monti siede con tutti gli onori.”

Insisto: i democratici stanno seguendo la strada sbagliata?

“C’è una evidente differenza di giudizio. Sono molti gli elementi negativi nella controriforma e pazienza se il PD non li vede. Ma cambiare l’articolo 18 può essere drammatico. Se nel centrosinistra si contribuisce a stracciare questa bandiera nel nome di una modernità oscena e repellente, possono innescarsi conseguenze molto importanti.”

Lei usa un termine neutro – importanti, ma vuol dire negative?

“Stiamo facendo delle ipotesi. Ma oltre al palazzo c’è l’Italia reale, le fabbriche, le piazze. Siamo fiduciosi che un dissenso tanto ampio – oltre alla CGIL, ci sono perplessità anche di altre forze sindacali – e la preoccupazione manifestata dalla Cei possano avere effetti positivi. Non si uccida l’articolo 18.”

Detta così, significa che un partito di sinistra si macchierebbe di un delitto nel dire si alla riforma.

“Sergio Cofferati dice che se resta lo stravolgimento dell’articolo 18, bisogna votare contro il provvedimento. Sono d’accordo con lui e anche con Rosy Bindi, quando sottolinea che Monti è debole con i forti e forte con i deboli.”

In un periodo di crescita, sarebbe ancora un’eresia introdurre maggiore flessibilità in uscita?

“Il welfare non è una palla al piede, come pensa la classe dirigente. Bere un calice amaro è il contrario di ciò che è necessario per una crescita sostenibile. Francamente penso che l’evocazione di questo secondo tempo, quando ci si occuperà di crescita, sia uno spot un pò berlusconiano. Il paese crolla, siamo a due punti in meno di Pil. Dov’è l’inversione di tendenza?”.

Il caso Emiliano: D’Alema lo difende sostenendo che rubare milioni e avere in regalo del pesce sono cose ben diverse. Ovvio, ma è anche una questione di opportunità.

“Le rispondo con un esempio: dovevo essere interrogato a Bari come persona informata sui fatti e, sui giornali, questa mia convocaizone in Procura faceva pendant con lo scandalo Cosentino”.ù


Maria Paola Milanesio

fonte: Il Mattino

sabato 24 marzo 2012

Una controriforma che riduce le persone a merci
















Usiamo i termini giusti: questa non è una riforma, ma una controriforma». Nichi Vendola e’ netto. Nessuna apertura di credito verso la riforma del mercato del lavoro e nessuna fiducia nel fatto che questo Parlamento riesca a migliorare il testo annunciato dal governo Monti. Per questo, ragiona, il Pd dovrebbe dire «no».

Vendola, ma lei non salva nulla di questa riforma?
«Chiamiamo le cose con il loro nome e smettiamola di vivere in questa specie di slittamento semantico perpetuo. Ormai c’e’ un vocabolario orwelliano che domina la Repubblica. Un tempo le riforme aprivano la strada a piu’ diritti e facevano crescere il benessere materiale delle persone, oggi si prova a chiamare riforma tutto cio’ che riduce i diritti e produce un arretramento sociale. Quella di cui parliamo e’ una controriforma del lavoro, in perfetta continuita’ con quanto fatto dal ministro Sacconi».

Ma persino la Cigl ammette che ci sono delle cose positive.
«E’ evidente che io salvo le norme contro le dimissioni in bianco e il congedo di paternita’ obbligatoria, sono cose che appartengono alla nostra battaglia. Ma in un quadro di smantellamento dei diritti rischiano di essere semplicemente uno specchietto per le allodole».

Il Pd, come le forze sociali, chiedono modifiche in Parlamento. Non crede sia una strada?
«Non e’ stato reso un buon servizio alla causa annunciando, come hanno fatto le forze che sostengono il governo, un si’ scontato ad ogni provvedimento di questo esecutivo, in questo modo si indebolisce molto la forza di un negoziato. E’ stato un errore di tutti i leader che cosi’ hanno predisposto molteplici autostrade all’avanzata dell’offensiva liberista e su questo hanno giocato con formidabile arroganza il premier Monti e con poco stile tecnico il ministro Fornero. Quello che si accinge a fare il Parlamento non e’ altro che saldare i conti con la modernità e l’Europa».

Ma anche la Cei e’ stata dura. Crede che Cisl, governo e Parlamento possano far finta di niente?
«E’ la sinistra a dover rigettare un’ idea di modernita’ che presuppone la riduzione delle persone al rango di merci. Vorrei ricordare che la modernita’ nella storia del movimento operaio italiano e’ stata rappresentata dal rifiuto della monetizzazione dei diritti. Il movimento ambientalista è nato anche dentro le fabbriche quando gli operai hanno detto no alla monetizzazione del rischio e hanno rivendicato condizioni di salubrita’ nei luoghi di lavoro. Questa idea di modernita’ che fa la spola tra Detroit e Torino, fatta di sacrifici a senso unico e di un rigore che assomiglia a un processo di sadismo sociale e’ completamente sbagliata».

Sta dicendo che dopo la riforma previdenziale, quella dell’ articolo 18 sembra accanimento?
«Esattamente, perche’ dopo la riforma delle pensioni e la riforma del lavoro, l’unica modernita’ che vedo e’ quella delle compagnie di assicurazioni che scaldano i muscoli per surrogare il vuoto di diritti sociali. Uscire dal Novecento in questo modo vuol dire fare un salto indietro, non avanti. Uso sempre la metafora vangelica: il lavoro e’ stato la pietra di scarto in un tempo lungo della storia umana, le lotte del movimento dei lavoratori lo hanno trasformato in una pietra angolare, tanto che il lavoro ha segnato le linee costituzionali delle democrazie».

Bersani, seppur molto critico con questa riforma, ha detto che non togliera’ la fiducia al governo. Sbaglia?
«Se il Pd non riesce a cambiare questa riforma la deve bocciare. La riforma del mercato del lavoro avrebbe dovuto affrontare una serie di temi cruciali per il Paese come la lotta al lavoro nero e lo smantellamento del circo feroce dei 47 contratti di lavoro precario. L’attuale precarieta’ non e’ un fenomeno meterologico ma una costruzione normativa: volevano aprire il mercato del lavoro e guardate dove siamo arrivati. Il futuro e’ diventato una minaccia per un’intera generazione anziche’ il tempo della stessa speranza. E sul tavolo restano ancora il tema di un reddito minimo e l’universalita’ degli ammortizzatori sociali».

Monti ritiene indispensabile la riforma per dare un segnale ai mercati.
«Ma secondo lei gli imprenditori stranieri non vengono in Italia perche’ c’e’ l’articolo 18? E’ una balla. Nel Sud non vengono perche’ non ci sono infrastrutture, perché c’e’ una lentezza burocratica spaventosa, una pressione fiscale altissima e il costo aggiuntivo della tassa della corruzione. Questi sono i mali da estirpare per attirare capitali e investimenti in un Paese che ormai vede bloccati gli ascensori sociali e non ha piu’ ricambio nel mondo del lavoro perche’ non c’e’ turn over».

Ma se il Pd alla fine vota Sel come si regolera’ in vista delle elezioni?
«La questione non e’ come si regolera’ Sel. Il nodo e’ come la sinistra affronta questi temi. Non puo’ usarli strumentalmente».

Restiamo in tema. A Palermo l’Idv ha mollato l’alleanza e si presenta da sola alle amministrative. Ci si può fidare di un partito cosi’?
«I nodi aggrovigliati della politica palermitana andrebbero sciolti con un dibattito molto piu’ franco. C’e stata una lotta senza quartiere nel Pd, c’e’ una spaccatura verticale rispetto alla collocazione regionale del partito di Lombardo. Sel ha atteso che la Commissione dei garanti procedesse alla validazione delle primarie e nel rispetto di 30mila elettori oggi ha un candidato che si chiama Ferrandelli. Ho amicizia e rispetto per Orlando, ma ha compiuto un errore. Tuttavia credo che si debba andare oltre perche’ il centrosinistra ha il dovere di ricomporsi per governare una città che e’ stata spolpata viva dalla destra».

Maria Zegarelli

fonte: L’Unità

mercoledì 21 marzo 2012

Vendola: Art.18, la CGIL non è sola
















E' davvero imbarazzante l’atteggiamento del governo Monti, a fronte di un’Italia che sta vivendo una sofferenza, un disagio straordinario. Di fronte a notizie di suicidi di chi non riesce a trovare lavoro, di fronte alla disperazione di un’intera generazione di ragazzi e ragazze , assediata dalla precarietà. L’unica ossessione del governo Monti è quella di recidere il legame con la nostra cultura democratica.

Cancellare l’articolo 18, manipolarlo, deformarlo, significa semplicemente portare lo scalpo della civiltà del lavoro presso i potentati della finanza internazionale. Questo è francamente inaccettabile.

I conservatori italiani che hanno voluto questo colpo di mano stiano comunque tranquilli: la Cgil non è certo isolata nel Paese. E farà valere le ragioni di milioni di italiani, nell’interesse del futuro dell’Italia.

Compito del centrosinistra in Parlamento e nelle piazza, ora,è di non lasciare solo il proprio popolo.

giovedì 8 marzo 2012

Fiom: da Sel adesione convinta alla manifestazione


Il lavoro è alla base della nostra costituzione, ed è alla base di ogni democrazia compiuta; combattere per i diritti di chi lavora è un dovere per chiunque ritenga che la dignità della persona e la difesa dei principi di legalità, partecipazione e equità sociale siano i pilastri di una comunità libera e democratica.

Oggi questi principi sono insediati da molti pericoli, ed in particolare il precariato, la discriminazione, la perdita progressiva dei diritti di rappresentanza e tutela rendono ogni giorno i lavoratori sempre più fragili, alla mercé di un mercato che non accompagna più lo sviluppo sociale del Paese, ma anzi lo deprime, orientandosi verso logiche estreme di profitto che non producono né “capitale comune” né ricchezza condivisa e equamente distribuita.

Tutti gli indicatori socio-economici lanciano l’allarme, ed il tasso di disoccupazione e di precarizzazione del nostro Paese stanno raggiungendo cifre drammatiche. Lavoratori precari creano un Paese precario, senza futuro e senza crescita.

Per questo Sinistra Ecologia e Libertà è a fianco della FIOM, ed aderisce con convinzione allo sciopero proclamato per il 9 marzo prossimo per tutelare i diritti dei lavoratori del settore metalmeccanico, duramente colpiti da una logica che mira a mettere i discussione il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del comparto e, con esso, i loro diritti individuali e condivisi; Saremo in piazza San Giovanni assieme al segretario Generale della Fiom Maurizio Landini ed alle migliaia di lavoratori per sollevare assieme a loro la nostra voce e difendere gli interessi dei lavoratori e del Paese.

Massimiliano Smeriglio